Abituati a vedere da anni solo alcuni frammenti ai Musei Capitolini, nel giardino di Villa Caffarelli, dal 6 febbraio 2024, è anche possibile ammirare tutti i giorni l’imponente ricostruzione del Colosso dell’imperatore Costantino (306-337 d.C.) in dimensioni reali (foto sopra di E.T.).
Con i suoi circa 13 metri di altezza (la testa da sola è alta ben 2,60 metri!), è tra gli esempi più significativi della scultura romana tardo-antica. I nove frammenti marmorei pario della statua scoperti nel 1486 nell’abside di un edificio che si pensava fosse il Tempio della Pace di Vespasiano (in realtà era la Basilica di Massenzio) ora sono custoditi nel cortile di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini: testa, braccio destro, polso, mano destra, ginocchio destro, stinco destro, piede destro, piede sinistro.
Ma è grazie a questi pochi ma importanti resti che la Sovrintendenza Capitolina, Fondazione Prada e Factum Foundation for Digital Technology in Preservation, con la supervisione scientifica del sovrintendente Claudio Parisi Presicce, hanno permesso la ricostruzione del colosso, nella sua imponente interezza, dopo un lavoro di analisi archeologica, storica e funzionale dei frammenti, supportata dalla lettura delle fonti letterarie ed epigrafiche. Inizialmente si credeva che i frammenti appartenessero a una statua dell’imperatore Commodo, ma solo alla fine dell’Ottocento furono identificati come parte di un ritratto colossale dell’imperatore Costantino. Nel 1951 è stato ritrovato un decimo frammento, parte del torace, che verrà presto trasferito, dal Parco Archeologico del Colosseo, accanto agli altri frammenti. Lo studio archeologico dei frammenti ha permesso di ipotizzare che la statua colossale fosse seduta e realizzata come acrolito, con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in metallo o stucco dorato.
Rappresentava l’imperatore come Giove, con dettagli iconografici tipici dell’epoca: con la parte superiore del corpo scoperta e il mantello adagiato sulla spalla, il braccio destro che impugna lo scettro e la mano sinistra che sorregge il globo.
Un team della Factum Foundation ha scansionato i frammenti della statua con la tecnica della fotogrammetria e li ha modellati in 3D, prendendo come esempi altre statue di epoca imperiale e considerando anche il tipo di marmo, i restauri, il panneggio mancante e l’aspetto del bronzo dorato.
Materiali come resina, poliuretano, polvere di marmo, foglia d’oro e gesso sono stati utilizzati per la ricostruzione, insieme a un supporto in alluminio per la struttura interna, facilmente smontabile.
Il colosso è stato presentato per la prima volta a Milano nel 2022 in occasione della mostra Recycling beauty, per poi essere collocato nel Giardino della Villa Caffarelli. Giardino che insiste in parte sull’area occupata dal tempio di Giove Ottimo Massimo dove era la statua di Giove, la stessa da cui il Colosso fu ricavato o che comunque ne fu il modello di derivazione.
Oggi all’interno dell’Esedra di Marco Aurelio sono visibili i resti del tempio, inaugurato nel 509 a.C. e dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva) e che ha subito diverse modifiche nel corso dei secoli. Tra il 217 e il 222 d.C., un fulmine danneggiò gravemente la statua di culto di Giove, che fu riutilizzata da Costantino nella basilica di Massenzio lungo la Via Sacra, per legittimare la sua ascesa al potere.
Questo gesto simboleggiava l’appropriazione da parte di Costantino di uno dei principali simboli della religione romana, nell’ultimo monumento pubblico di carattere civile realizzato a Roma antica.
Nel 312 d.C., dopo la vittoria su Massenzio al Ponte Milvio, Costantino diventa il padrone assoluto della parte occidentale dell’impero e di Roma.
È l’imperatore che modificò profondamente l’Impero, con il riconoscimento della religione cristiana (nel 313) e il trasferimento della capitale da Roma a Costantinopoli (nel 326).
Fasi di realizzazione della statua:
Emanuela Teta
Da La Gazzetta della Capitale n. 3/2024